"Οι συν Αλεξανδρος", la Residenza 37 di Villa Manin
Al via la Residenza numero 37 del progetto Dialoghi / Residenze delle arti performative a Villa Manin per il triennio 2018-2020.
Equipe in Residenza
Mattia Cason, tutor, coreografo e danzatore, ideatore del progetto
Alessandro Conte, drammaturgo e danzatore
Alessandra Carolina Valentini, danzatrice
Irene Ferrara, danzatrice
La Residenza 37 si fonda su un Progetto, intitolato “Οι συν Αλεξανδρος”, ideato dal coreografo e danzatore Mattia Cason. A partire dal concept del progetto, Cason darà vita ad un’azione di tutoraggio che coinvolge 3 giovani danzatori in formazione e attivi sul territorio regionale.
Il tutoraggio avrà una valenza di esperienza di ricerca su alcuni possibili percorsi coreografici e multimediali, stimolati dal progetto stesso.
Durante il tempo di Residenza a Villa Manin, l’azione di tutoraggio si concentrerà nell’analisi di un possibile sviluppo coreografico di un episodio dell’avventura di Alessandro e sull’esplorazione di diverse modalità di proiezione video su diversi materiali come teli, pareti, nuvole di incenso, corpi e l’interazione possibile fra video, luci e scena.
IL PROGETTO “ΟΙ ΣΥΝ ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ”
"ΟΙ ΣΥΝ ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ è parte d’un progetto più ampio iniziato circa cinque anni fa, il cui intento è la promozione del progetto politico europeo a partire da diverse politiche migratorie: chiunque cerchi rifugio dalla guerra, dalle persecuzioni, dalla fame, deve essere benvenuto. Questo non solo per ragioni umanitarie ma anche perché la maggior parte delle persone che cercano rifugio in Europa provengono da paesi il cui contributo alla civiltà europea è stato fondamentale e accoglierli è il modo migliore per capire meglio noi stessi, il nostro passato e soprattutto la necessità d’un destino comune.
Per avvalorare questa tesi ho studiato quei paesi che la tradizione vuole culla della civiltà europea, ovvero Israele/Palestina e Grecia, attraverso una duplice lente di osservazione: quella dell’indagine antropologica sulla presente situazione di precarietà dei richiedenti asilo africani e asiatici nei moderni stati nazionali di Israele e Grecia, e quella della ricerca storica sui determinanti influssi afroasiatici nello sviluppo delle antiche civiltà qui sviluppatesi, ovvero la canaanita/israelitica e la greca.
Rispetto Israele/Palestina i risultati son stati raccolti due anni fa in una mia tesi magistrale all’Università di Bologna; per la Grecia vorrei invece che confluissero in uno spettacolo fatto di danza e immagini.
A breve mi trasferirò a Salonicco dove lavorerò come insegnante di teatro, danza e movimento presso il campo profughi di Diavàta, nella periferia nordoccidentale della città. Qui avrò l’opportunità di condurre una ricerca sul campo tra i rifugiati lì rinchiusi, entrando in relazione personale con loro, facendo interviste, filmando scene di vita quotidiana.
Questo lavoro vuole insomma essere un’indagine antropologica tradotta (e tradita) in una coreografia.
L’indagine è incentrata sul presente, sui rifugiati rimasti bloccati nei campi profughi della Grecia, mentre la coreografia guarda al passato, tanto a livello formale, quanto a livello di contenuto: nella forma essa s’ispira infatti alla danza com’era in antico, cioè ad una danza “di narrazione”, e nel contenuto racconta una storia altrettanto antica, quella di Alessandro Magno.
L’idea è quella di presentare i rifugiati africani e asiatici oggi rinchiusi nei campi profughi greci come i soldati di Alessandro di ritorno dopo migliaia di anni dalle sue campagne
afroasiatiche. Attraverso le loro memorie, vorrei presentare la figura di Alessandro non tanto quanto un conquistatore bensì come un visionario, la cui visione d’una simbiosi tra
Greci, Persiani ed Egiziani possa ispirare un’Unione Europa che diventando sempre più afroasiatica non fa che ritrovare sé stessa e la propria storia, una storia che nasce molto più lontano di quanto tendiamo a pensare.
In scena ciò sarà narrato con due mezzi di comunicazione: il corpo danzante e l’immagine proiettata. Il corpo porterà avanti la linea drammatica dell’“èxodus”, dell’avventura di Alessandro in Africa e Asia, il video le contrapporrà invece quella del “nòstos”, del ritorno dei soldati in una patria che pare non volerli più”.
Mattia Cason