Il Florian Metateatro Centro di Produzione Teatrale per la ricerca e sperimentazione è un organismo riconosciuto e sostenuto dal MiC-Ministero della Cultura ininterrottamente fin dal 1980, dalla Regione Abruzzo e dal Comune di Pescara, città dove ha la sua sede, diretto da Giulia Basel con la codirezione di Pippo Di Marca e Massimo Vellaccio. Il Florian Metateatro opera nel campo della creazione artistica e della promozione culturale, attraverso produzioni e programmazioni di teatro contemporaneo e d’autore che hanno visto susseguirsi i maggiori nomi del teatro di ricerca italiano e non solo, e con progetti di ospitalità e residenze a sostegno delle compagnie più giovani. A partire dal 1998 il Florian dedica una sempre maggiore attenzione anche nei confronti del teatro per l’infanzia e la gioventù sia attraverso un lavoro di ospitalità che di produzione. Con le sue molteplici attività il Florian Metateatro si configura come sicuro punto di riferimento per il nuovo teatro, e non solo, nel Centro-Italia Adriatico.
Compagnie e progetti di residenza | 2024
CLÉONE – Compagnie du Campus + Collectif Libertalia (Italia – Belgio) | Teatro
Il progetto di spettacolo si intitola Cléone” ed è diretto e coordinato da Giovanni Orlandi e Patrick Duquesne due artisti, con i quali abbiamo condiviso negli anni un articolato lavoro di scambi culturali in particolare sull’emigrazione italiana in Belgio ma non solo. Ora si ritrovano a Pescara dopo un lungo periodo per lavorare di nuovo insieme. Questo progetto di spettacolo vuole essere una “corpofonia”, una favola moderna con 7 corpi e 7 voci che ridono, gridano a gran voce le loro aspirazioni, i loro sogni, le loro paure, la loro poesia. Cléone è un corpo che resiste e che parla a modo suo. Una voce senza età che da troppo tempo abbiamo smesso di ascoltare, un corpo senza confini che da troppo tempo abbiamo tormentato ma che batte e danza la sua profonda libertà.
Signori, signore, saremo tutte e tutti marron, ovvero latitanti. Schiavi in cerca di riscatto. Vorremmo condividere con voi l’idea di un’umanità praticabile. Dove danzare e cantare sono le nostre uniche armi. Abbiamo così tanto bisogno di emancipazione.” Marron proviene da una parola antillana, Cimarrón, che significa «freccia che cerca la libertà». Questo è il nome che gli spagnoli avevano dato al toro che fuggiva in montagna e in seguito la parola è passata anche in altre lingue (chimarrão, maroon, marron, marronne) per designare lo schiavo che, in tutti i paesi d’America, cerca rifugio nelle foreste, nelle paludi, nelle gole profonde e che, lontano dal padrone, costruisce una casa libera e la difende”.
Il messaggio di Cléone e i suoi compagni non è un messaggio, è un fatto. “Sono realtà”, dice “Sono combattente, ballerina, cantante e musicista sugli scalini dei vostri palazzi. Domani, torno a vivere. Domani, sarà luce.”
Così si esprimono Giovanni Orlandi e Patrick Duquesne nella presentazione del progetto “Da diversi anni esiste tra di noi delle due compagnie il desiderio di allestire uno spettacolo basato sull’ espressione non verbale, un approccio della recitazione che parte dai ritmi, dalle voci, dai gesti, dalle emozioni, dai canti, dai cori, dai testi, che “sonnecchiano” in noi. Aldilà dell’utilizzo di un testo come punto di partenza, questo approccio si caratterizza dall’uso di diverse espressioni non verbali articolate intorno ad una ricerca sul corpo, i suoi movimenti, le sue voci, i suoi silenzi, i suoi ritmi… una ricerca che sconvolge il meccanismo del solito dialogo e della forma drammatica tradizionale. Il racconto, gli obiettivi e le problematiche teatrali sono ben presenti, però si esprimono diversamente dal modo consueto. Gli attori devono credere in ciò che dicono, ma soprattutto in quello che possono vivere insieme sul palco. Recitare un’urgenza sul palco diventa un modo di colmare ciò che, da un punto di vista emozionale, relazionale, affettivo rende «troppo spesso» la vita quotidiana tanto finta e triste. Cléone e i suoi compagni appaiono quindi sul palco in quanto attori di un rituale ormai radicato, una sorta di viaggio poetico nel quale i movimenti e i suoni che tirano fuori dicono di più sul senso della pièce che il testo stesso. Teatro danza? Teatro di movimento? Teatro voce? Poesia teatralizzata? Poesia raccontata? Probabilmente un po’ tutto questo e tanto altro”.
Il progetto già in fase avanzata è stato in residenza in aprile-maggio e si è concluso in ottobre con una restituzione aperta al pubblico.
Deve venire dal mare DVDM – Compagnie C&C Brannetti / Di Rienzo (Italia – Francia) | di e con Silvia Di Rienzo – Danza
Silvia è un’artista pescarese trapiantata da molti anni a Parigi che proprio con questo progetto vuole riannodare i fili che la riportano fortemente al rapporto con l’Abruzzo a lungo tralasciato che è memoria ma anche scoperta della nuova creatività e vitalità della regione. Con Deve Venire dal Mare, avvia un progetto intimo e potenzialmente proteiforme per immergersi in una nuova trama coreografica e collaborativa.
Deve Venire Dal Mare è la storia di un incontro e di un ritorno al futuro, una danza che scivola negli interstizi del silenzio. Dopo quasi 30 anni di allontanamento fisico dalla mia terra d’origine, l’Abruzzo, il richiamo di un movimento di ritorno, reale o immaginario, tanto arcaico quanto universale, si insinua nelle mie vene, e dove alcune parole come nostalgia e maliconia si caricano di significati culturali, poetici, storici e filosofici, il corpo, la danza e la pratica della metafora attraverso il movimento diventano luoghi di reinvenzione semantica.
Ho iniziato a interessarmi al lavoro di Daniela d’Arielli e in particolare alle sue opere investiganti l’Abruzzo. Nel Luglio 2022 Daniela d’Arielli presenta : A cquà, Ici, En ce lieu, Daniela d’Arielli sur le fil d’Antonio De Nino (“acquà” in dialetto abruzzese, significa non solo acqua ma anche qui), un’installazione In Situ per il Museo delle genti d’Abruzzo di Pescara, un’esposizione di parte dell’immenso lavoro di ricerca che la d’Arielli svolge sul-nel territorio. La mia terra prendeva forma dentro di me come una geografia vivente.
La performance evoca i temi del ritorno: radici-emancipazione-pacificazione. Cosa persiste nell’immaginario della propria terra? Quali residui, detriti, invenzioni?
Il Site Specific di DVDM è la “mia” terra dentro di me, qui, (in) questo corpo.
“DEVE VENIRE DAL MARE” è una frase di autore ignoto scritta sui muri dell’area portuale di Pescara. Per me questa frase contiene tutto l’oceano di sentimenti e contraddizioni della vita, della morte, del rifugio e del pericolo. Del viaggio, della speranza e della contemplazione degli orizzonti. È una frase aperta come il mare, e come dice la d’Arielli, sembra una frase non finita…aperta, appunto, come il mare.
Lo spazio performatico è circolare, inclusivo e partecipativo. L’installazione è creata dalla d’Arielli in dialogo con la coreografia e il movimento. La musica sarà contemporanea, elettronica con note tecno-melodiche. Composizione originale di Flavia Massimo, compositrice e direttrice artistica del Festival Paesaggi Sonori, festival attivo nelle montagne e zone d’interesse abruzzesi.
Il progetto ha iniziato il suo percorso da Pescara in luglio per concludere poi la residenza nella seconda metà di ottobre quando ha dato vita a una restituzione aperta al pubblico.
Un uomo leggero – Sara Gagliarducci / DOC Servizi | di e con Sara Gagliarducci – Teatro
Progetto Vincitore del Bando Obiettivo Abruzzo dedicato agli artisti del territorio, bando ideato e condiviso con la Residenza Arti e Spettacolo di San Demetrio de’ Vestini, che offre al progetto vincitore una duplice residenza al Florian Espace Pescara e al Teatro Nobel per la Pace di San Demetrio ne’ Vestini. Lo studio parte dall’arte performativa e il teatro per approfondire il linguaggio del clown partendo dalla tradizione per aprirsi al sentire contemporaneo. Il lavoro vive, non solo in teatro ma anche in strada e in spazi non convenzionali, i contesti decentrati e marginali come momento di incontro e crescita a beneficio del singolo e della comunità. L’idea è quella di realizzare uno spettacolo ispirato al famoso romanzo teatrale di Aldo Palazzeschi Il codice di Perelà.
Il centro del lavoro girerà intorno ad uno studio approfondito del testo mirato a creare una narrazione che racconta la storia partendo dalle donne che in esso compaiono. Il lavoro sarà concepito sia per spazi teatrali – “scatola nera” – sia per spazi non convenzionali. Il centro sarà il corpo dell’attrice, il costume, la truccatura e un mini allestimento di luci e sonoro dal sapore Varietà futurista, divertente, irriverente, drammatico, patetico.
Cos’è Il codice di Perelà? Un romanzo, un testo teatrale, una favola, una parabola?
E’ un’opera complessa che racchiude in sé tante sfaccettature e lascia spazio a molte interpretazioni. Sarà necessario immergersi nelle sue profondità per trovare il filo rosso che guiderà la storia. Incipit e coda del lavoro saranno dettati da Aldo Palazzeschi stesso in una dedica e in alcuni versi di poesia: “Affettuosamente dedico: al pubblico! quel pubblico che ci ricopre di fischi, di frutti e di verdure…” Negli ultimi versi della poesia Chi sono? ci saluta così: “Io metto una lente / davanti al mio cuore / per farlo vedere alla gente./ Chi sono? / Il saltimbanco dell’anima mia.”
La residenza, che si avvale del supporto organizzativo di Doc Servizi, si è sviluppata sia a Pescara che a Città S.Angelo in due tranches in luglio-agosto e in dicembre, presentando una prima restituzione al pubblico.
Tutto troppo – ARTERIE Teatro | di Monica Ciarcelluti e con Mariangela Celi, Gisela Fantacuzzi, Anna Pieramico – Teatro-danza
La Compagnia Arterie intende realizzare uno spettacolo in presenza, con l’uso del supporto digitale per la parte Visual, sul tema dell’emancipazione femminile e il ruolo delle donne nella cultura abruzzese. Diverse sono le donne abruzzesi che hanno costruito la storia, storia purtroppo mai declinata al femminile, donne assi portanti della società attuale e che hanno contribuito al nostro vivere civile contribuendo con il pensiero e le loro azioni alla conquista di molti traguardi. Il desiderio di Arterie è provare a dare luce e voce ad alcune di queste abruzzesi straordinarie, raccontarle e metterle in scena! Da stiratrici di famiglie ricche a cantanti famose, da pedagoghe a poetesse, da insegnanti a politiche: la storia di emancipazione delle donne, non solo abruzzesi, passa anche attraverso di loro. Citiamo qui alcune protagoniste più o meno dimenticate delle quali il progetto si vorrebbe occupare: Lola Di Stefano nata a Bussi sul Tirino nel 1920, fu “La maestra più brava del mondo”; Ernestina di Giulianova, studiosa, farmacista… strega, nasce a Campli nel 1598, ostetrica del paese, salvò la vita a molti suoi pazienti grazie a delle prodigiose “pozioni” medicinali; Giovanna Milli, detta Giannina, scrittrice, poetessa, educatrice, lottò per l’Unità d’Italia in giro per lo stivale, partecipando ai più importanti salotti letterari, scrivendo opere di educazione storica e civile, facendosi ascoltare nei maggiori teatri italiani; Filomena (Memena) Delli Castelli, insegnante e politica, prima sindaco donna d’Abruzzo, eletta nel 1946 con sole altre 21 donne all’Assemblea Costituente, partecipò alla stesura della carta costituzionale; Elena Sangro, attrice e regista, diva assoluta del cinema muto, divenne inoltre una delle prime registe italiane e, in vecchiaia, lavorò con Fellini. Ma in particolare si vuole approfondire la storia e la figura dell’attrice Francesca Chiodi, nata nel 1883 nel capoluogo abruzzese da una famiglia di operai. In adolescenza, donna di servizio, stira camicie alle famiglie facoltose della città. Giovane ostinata, insegue un destino migliore, si trasferisce a Roma, a soli 16 anni, ignara che sarebbe diventata, suo malgrado, simbolo implicito di libertà ed emancipazione femminile. Nella città eterna muove i primi passi nel cabaret, e come attrice di teatro. Il suo nome d’arte è Paolina Giorgi, debutta nel 1902 a Napoli, e poi nel resto del Paese e in Europa. Diventa famosa, tanto che Gabriele D’Annunzio ne tesse pubblicamente le lodi. Ricca, tanto da diventare una collezionista di gioielli. Prova anche a tornare all’Aquila, ma troppe sono le maldicenze sul suo conto: partita da stiratrice ed era tornata facoltosa, famosa e ancora più bella. In una parola, libera. Così l’attrice abruzzese va a vivere a Genova, dove all’apice della sua carriera, nove anni dopo il debutto, troverà la morte. È il 13 gennaio 1911 quando viene uccisa sul Lido di Albaro, con tre colpi di rivoltella sparati da Fermin Carrera, uno studente argentino che si suicida pochi minuti dopo. Secondo le cronache di allora, l’omicidio-suicidio era maturato nel contesto di un corteggiamento ossessivo (e rifiutato) di Carrera. Un femminicidio a tutti gli effetti.
Diva all’Opera – Le Radiose | di Valentina Musolino e Emanuela Belmonte – Multidisciplinare
Un progetto di Valentina Musolino e Emanuela Belmonte per uno spettacolo di clown musicale e teatro di strada adatto a tutte le età che gioca con i clichè dell’opera lirica toccando la delicatezza e la comicità dei desideri umani. Il lavoro è stato selezionato attraverso il Bando Cura, il più importante bando relativo alle residenze lanciato da una Rete Nazionale che comprende 18 residenze diffuse su tutto il territorio italiano di cui il Florian Metateatro/progetto Oikos è parte dal dicembre 2022. Segnaliamo che Diva all’Opera è uno dei 9 progetti vincitori su più di 500 progetti partecipanti.
La grande diva di opera lirica Tea della Tresibonda sogna di esibirsi in un teatro all’italiana dell’Ottocento circondata da contesse, duchi, principi e marchese. La realtà è un po’ diversa ed infatti ad accompagnarla non è un elegante pianista ma un grammofono a tromba di nome Edoardo. Nelle prime due arie ci sono dei conflitti tra i due personaggi, poi il conflitto si sposta sul critico che le ha mandato una lettera di commenti negativi e da quel momento il grammofono diventa un alleato.
Tra accellerazioni, decelerazioni, sovrapposizioni di dischi e medley delle più incredibili arie d’opera e grazie ad una inaspettata interazione con il pubblico, si arriverà ad un sorprendente e catartico cambio di stile.
La residenza si è svolta in novembre e dicembre al Florian Espace a Pescara, con una restituzione finale aperta al pubblico.