Officina delle Arti Sceniche e Performative
RIZOMI è il progetto di residenza artisti nel territorio sotto la direzione artistica di Simonetta Pusceddu realizzato con il contributo di MIC/Ministero della Cultura e Regione Autonoma Sardegna, il Patrocinio del Comune di Carloforte e la collaborazione logistico-organizzativa dell’Associazione Botti Du Scoggiu.
Il concept del progetto “Rizomi”: attraversamenti sul territorio di Carloforte e dell’isola di San Pietro, comunità costituita da soli 6mila abitanti, con l’intento di metter in evidenza la peculiarità di “un isola dell’isola”. che fa parte del circuito dei “I borghi più belli d’Italia” e conserva lingua e cultura dei fondatori, le famiglie di pescatori originarie di Pegli, e provenienti dall’isola tunisina di Tabarka (dove risiedevano dal XVI secolo). I tabarchini nel 1738 ottennero dal re Carlo Emanuele III il permesso di colonizzare l’isola di san Pietro, disabitata e detta ‘degli sparvieri’ sin dai tempi dell’insediamento fenicio (VIII secolo a.C.), cui seguì quello punico, con tempio e necropoli. Gli stessi pescatori, 40 anni dopo, avrebbero fondato anche Calasetta sulla prospiciente isola di sant’Antioco. Il progetto di residenza del triennio 2022/2024 è intitolato “Rizomi”, La parola “rizoma” è composta da ”rizo”, che vuol dire radice, e dal suffisso –oma, “rigonfiamento“. Il termine è chiaramente descrittivo della forma tipica che il rizoma assume durante il suo sviluppo, simile ad una grossa radice. Il termine metaforico si riferisce alle funzioni del rizoma in natura, questo fusto modificato a forma di grossa radice funge da organo di accumulo di sostanze nutritive di riserva che possono mantenersi inalterate anche per lunghi periodi e in condizioni climatiche ostili. Ispirandoci a questo significato, la metafora pone l’accento sulla riflessione rapporto tra spazio/tempo/territorio e l’inserimento di azioni residenziali produttive, legate ai meccanismi di mobilità e servizio della collettività urbana.
Il progetto di residenza triennale pone il suo focus sulle ricchezze di territori costituiti da siti archeologici, industriali o naturali e quelli più intangibili, come l’artigianato e tradizioni, conoscenze e pratiche dei territori che vengono abitati dagli artisti in residenza in dialogo con lo straordinario paesaggio naturale e urbanistico. Il territorio prescelto è la cittadina di Carloforte, nell’isola di San Pietro, costituita da circa 6mila abitanti. Il lavoro di ricerca, creazione si articola in ambienti e luoghi (al chiuso e all’aperto) più o meno fortemente marcati e strutturati dal punto di vista architettonico e/o urbanistico: l’interno di una chiesa, la sala o il cortile di un palazzo antico, un chiostro, una piazza, una strada, il mare, le rocce. Tra questi luoghi, vi sono anche gli spazi industriali periferici in disuso, “luoghi dell’archeologia industriale, come le vecchie fabbriche”. Il paese è molto suggestivo con i suoi vicoli e le sue casette multicolori, ed è anche ricco di edifici storici, come la chiesa di Santa Maria del Naufrago e i resti delle mura che originariamente circondavano completamente l’abitato per difenderlo dalla minaccia dei pirati, il museo multimediale del Mare che racconta la storia del paese e il suo rapporto con il mare e la pesca, quindi spazi fortemente connotati simbolicamente identitari. Da Cagliari si possono prendere due strade per raggiungere Portoscuso: quella più a Sud per attraversare il Sulcis nella sua zona più selvaggia, verso Villamassargia e i suoi olivi millenari e da lì, sfiorando Carbonia, – città nata per Regio decreto nel 1937 dai sogni autarchici del regime fascista, e il castello di Acquafredda, — possedimento del dantesco conte Ugolino -, si giunge al piccolo porto d’imbarco per Carloforte. Per questa via il passato minerario è quasi invisibile. La natura è preponderante, i lecci, i sugheri e gli ulivi, le macchie di cespugli di erica e mirto, i rododendri in fiore ai bordi delle strade. Lo sguardo scorre su una terra ricca di vegetazione ma, nello stesso tempo, povera, disabitata, congelata nel suo passato e priva di un futuro tangibile. L’arrivo a Portoscuso rende ancor più evidente il fallimento dei tentativi di dare a questa regione una prospettiva di lavoro: le zone industriali abbandonate restituiscono un paesaggio arrugginito e fantascientifico, di mondo abbandonato in fretta, come per sfuggire a una catastrofe. Per queste vie si giunge all’imbarco e da questo punto si parte per Carloforte. Dal traghetto appare evidente come in quel braccio di mare si fronteggino due realtà: il turismo fiorente e la rovina industriale: le grosse ciminiere della centrale elettrica intitolata chissà perché, a Grazia Deledda, i silos in disuso, le malinconiche pale eoliche, novelli giganti con cui Don Chisciotte avrebbe volentieri battagliato. Quando si sbarca a Carloforte, bisogna avere il coraggio di chiudere gli occhi per non salire sulla ruota panoramica della percezione dell’ovvio. Solo allora, riaprendoli può affiorare tremula, pallida, timida la città con i suoi racconti e le testimonianze di un ricco passato.
• Residenza come promozione del territorio, scambio, sperimentazione, ricerca “Il corpo umano diventa “navigatore” nel complesso sistema delle geografie comunicative della città in cui i linguaggi dell’arte interagiscono in un continuo territorio di scambio dove la tecnologia e la poesia dettano le coordinate dei percorsi delle nuove erranze urbane”. Il progetto “Rizomi”, durante il triennio 2022/2024 restituisce allo spazio urbano e paesaggistico l’immagine di un teatro della vita quotidiana, la città diventa, in questo senso, uno spazio “trovato”, nel quale ciascun artista dovrà interpretare lil territorio con le sue peculiarità.
• Capacità del progetto di valorizzare gli aspetti identitari regionali. “Carloforte territorio, allegoria dell’ignoto, del viaggio”. E proprio attraverso questa idea di viaggio interiore e di tensione che si innesta la ricerca più ampia che ha a che fare con la relazione, con il tempo e con lo spazio, in cui l’attività di creazione si svolgerà attraversando paesaggi lambiti dal mare, dal vento. Tornando al senso metaforico, il progetto trova la sua fonte di ispirazione nella funzione del rizoma in natura: quella di conservare come in natura, ad esempio durante l’inverno, le sostanze organiche che consentiranno ad una nuova pianta di prosperare nella primavera successiva. Da ciò ne consegue una forma generalmente ingrossata che tende a svilupparsi sottoterra in maniera più o meno orizzontale, esattamente come un piccolo “silo”. Ecco che dunque diventa centrale il paesaggio con le sue bellezze naturali definite e concentrate in uno spazio di appena 51kmq e nel concetto straordinario di isola nell’isola in cui è presente un patrimonio identitario peculiare e unico da indagare divulgare e promuovere. La peculiarità degli attraversamenti su territori che sta all’origine dei processi di residenza dal progetto Rizomi, sta nel fatto di illuminare le specificità di un territorio; questo lembo di territorio tra terra e mare, i differenti tipi di rocce vulcaniche, l’interessante fauna terrestre e marina e la folta vegetazione mediterranea fanno da sfondo perfetto a questi luoghi silenziosi e magici. Qui è possibile valorizzare e descrivere ampiamente il concetto di luogo dai confini morbidi, tracciato dal mare e dalle rocce e disegnato dal mistero di tutto ciò che quello che sta dentro il mare. Pertanto il fulcro del concept del progetto “Rizoma” è molto legato alle specificità del luogo con cui far dialogare gli artisti e produrre il proprio progetto consapevoli di queste peculiarità. Un luogo ideale quindi, lontano dal mondo, per ripensare insieme e in scala ridotta, il concetto di luogo contenitore di segreti, misteri storie antiche tramandate oralmente, bellezze naturalistiche. Appunto beni materiali e immateriali di cui Carloforte è ricca. Il processo di residenza diventa strumento di promozione e valorizzazione di un territorio antico. Fondato nel 1738 da una colonia di pescatori liguri stabilitasi a Tabarca (Tunisia) nel XVI secolo per praticare la pesca del corallo. Carloforte, unico villaggio dell’Isola di San Pietro, in Sardegna, è oggi uno dei “Borghi più belli d’Italia”. Il paesino di circa 6500 abitanti, con il suo stupendo lungomare alberato, i suoi carruggetti (vicoletti) dalle casette color pastello, la semplice ma gustosa cucina e l’antico dialetto genovese, offre all’esperienza residenziale uno scorcio della Liguria di un tempo, nel cuore del Mediterraneo. “Il corpo umano diventa “navigatore” nel complesso sistema delle geografie comunicative della città in cui i linguaggi dell’arte interagiscono in un continuo territorio di scambio dove la tecnologia e la poesia dettano le coordinate dei percorsi delle nuove erranze urbane”. Decentrare l’arte, anche dal punto di vista economico, oltre che sociale e spaziale – significa agire sulle pratiche e sulle esperienze culturali delle persone, in modo da rendere vivibile (in tutti i sensi) non solo la città, ma anche quella parte culturale sempre più significativa – della sua offerta di servizi. Il decentramento dell’arte propone dunque un modello di sviluppo virtuoso, basato sulla capacità di investire nella relazione con il proprio pubblico, al fine di valorizzare i vantaggi e le opportunità dello scambio e del confronto. Un modello di sviluppo che punta sulla responsabilità delle organizzazioni nei confronti del conseguimento degli obiettivi di coinvolgimento e sinergia con il territorio, e, soprattutto, sulla capacità di generare reti di reciprocità nel territorio e di veicolare quei valori capaci di apportare un sostanziale miglioramento della qualità della vita nella comunità. Un comportamento strategico che pone al centro il valore del capitale relazionale e quindi l’attenzione alla costruzione, alla qualità e alla cura nel tempo di ogni relazione, basato sulla profonda convinzione che la produzione culturale debba necessariamente misurarsi con la costruzione paziente di un impatto sulla comunità ponendo maggiore attenzione sulle necessità dei suoi residenti e imparando nel medesimo tempo a rilevare i cambiamenti e a reagire in funzione di essi.
Tutte le info sul sito ufficiale di RIZOMI.
Guarda il video ufficiale di RIZOMI.
L’arte contemporanea, la danza, l’arte circense, il teatro fisico, gli artisti, i saperi locali, interconnessi con la comunità e i luoghi valorizzano la ricchezza di un grande patrimonio culturale e stimolano la creazione artistica. Questo è successo durante il quadriennio 2018/2021 per progetto di residenza artistica “Interconnessioni”, promosso da Tersicorea e svoltosi per i prime tre anni nel Comune di Settimo San Pietro, e nel quarto anno 2021 nell’isola di san Pietro. Un intervento artistico, sociale e poetico sul territorio che ha visto il coinvolgimento di oltre 100 tra artisti danzatori, cineasti, artisti visivi, storici, scrittori drammaturghi, scenografi di livello internazionale in un dialogo continuo tra il segno coreografico, le comunità, i territori. Le due comunità prese in esame durante il quadriennio sono costituite da circa 6mila abitanti. La parola “identità” è il tema centrale che ha guidato i primi tre anni nel territorio di Settimo San Pietro, programma che ha animato la cittadina di “Septimo ab urbe lapide” con un calendario fitto di residenze artistiche, laboratori e spettacoli dal vivo, sulle note classiche della violinista Elsa Paglietti e della banda musicale coinvolta, treno itinerante, fiabesco e nostalgico della memoria, tra le storiche vie del paese di Settimo San Pietro e le suggestive “lollas”.
La parola ‘libertà’ è invece la fonte di ispirazione per indagare sul territorio di Carloforte nell’isola di San Pietro; con l’intento di mettere in evidenza la peculiarità di “un isola dell’isola”, che fa parte del circuito dei “I borghi più belli d’Italia” e conserva lingua e cultura dei fondatori, le famiglie di pescatori originarie di Pegli, e provenienti dall’isola tunisina di Tabarka (dove risiedevano dal XVI secolo). I territori di rifermento per ciascuna annualità, si sono trasformati in un teatro a cielo aperto tra canti e danze, teatro fisico, musica, proiezioni del docufilms e mostre dei reportage fotografici del progetto Interconnessioni. E ancora degustazioni, esposizioni, proiezioni, laboratori, residenze di ricerca coreografica, animato da coreografi, registi, circensi, artisti visivi, musicisti e attori, provenienti dalla Spagna, dalla Germania, dalla Francia, dalla penisola e da diverse parti della Sardegna, in perfetta simbiosi tra arte, memoria dei luoghi e tradizione e in un armonico accordo fra tradizione e attualità, Un bel viaggio di quattro anni testimoniato dalle intense immagini in bianco e nero a cura della fotografa Federica Zedda e di Stefano Mazzotta e dalla produzione dei docu-films che per ciascun anno hanno documentato l’esperienza di residenza a cura del cineasta Massimo Gasole.
“Quello che mi affascina di questi progetti di residenza, e spero di riuscire in questi intenti, è quello di suscitare amore per l’arte, fondamentale per la crescita culturale e per proteggerci dall’orrore che spesso abbiamo intorno a noi, e regalare un’apertura di gioia e di illuminazione. L’arte apre dei canali di amicizia, ha il potere magico di creare una relazione con gli abitanti e i saperi dei luoghi, sono canali sani – spiega Simonetta Pusceddu. Interconnetterci, vuol dire intrecciarci, vuol dire mostrarci, rivelarci. Senza avere mai la presunzione di stare su un piedistallo, nessuno di noi”. Simonetta Pusceddu
INTERCONNESSIONI 2021 Progetti, Artisti e compagnie coinvolte
1. Progetto “Just another storm” | studio per un micro-film sullo scenario dall’opera “Laerte” | Compagnia “My!Laika” con Salvatore Frasca, Edoardo Demontis, Philine Dahlmann, Nico Aguero, Giacomo Martini; 2. Progetto “Racconti dell’illusione” | Compagnia Oltrenotte diretta da Lucrezia Maimone, Riccardo Serra. con la partecipazione dei giovani artisti: Andres Aguirre, Santo Pablo Krappmann, Elsa Paglietti, Lucia Angèle Paglietti, Elie Chateignier, Giulia Cannas, Rachele Montis e la Compagnia Effort di Chiara Maria Aru. 3. Progetto “Il racconto dell’isola sconosciuta” liberamente ispirato al romanzo di Josè Saramago | Stefano Mazzotta Compagnia Zerogrammi Torino
Artisti ospitati per attività connesse con il progetto di residenza: • Produzione di un saggio-racconto filo-poetico: “L’isola della Libertà” (da cui il sottotitolo della residenza 2021) a cura dello scrittore, storico e critico di teatro, danza e performing arts, Enrico Pastore • Progetto di scrittura di un’opera teatrale “L’unione felice di Espero e Fósforo, a cura di Anthony Mathieu. • Proiezione in prima nazionale del Mediometraggio Elegia delle cose perdute, Ispirato al romanzo I poveri dello scrittore portoghese Raul Brandao.
I laboratori: Laboratorio per la costruzione di una scenografia itinerante condotto da Santo Pablo Krappmann con la collaborazione di Tonino Murru | Associazione Culturale Is Mascareddas
+INFO https://www.tersicorea.org/interconnessioni-art-43-2021
Docu/film Residenza artistica INTERCONNESSIONI 2021 https://vimeo.com/673287242
INTERCONNESSIONI 2020 Progetti, Artisti e compagnie coinvolte:
1. Progetto “Elegia delle cose perdute” Regia Coreografia, drammaturgia Stefano Mazzotta, creato con e interpretato da:Amina Amici, Lucrezia Maimone, Simone Zambelli, Damien Camunez, Manuel Martin, Miriam Cinieri, Gabriel Beddoes, Alessio Rundeddu;
2. Mauro Palmas, musicista/compositore, Residenza musicale | ricerca del repertorio musicale;
3. Elena Ledda autrice/cantante, residenza per lo studio e indagine sul repertorio di canto popolare;
4. Percorso di residenza per la produzione del film progetto Elegia delle cose perdute direttore riprese Massimo Gasole
+ INFO:
https://www.tersicorea.org/interconnessioni-art-43-2020
Docu/film Residenza artistica INTERCONNESSIONI 2020
https://vimeo.com/477741898
Progetto di residenza artisti nel territorio Direzione artistica Simonetta Pusceddu
(Ai sensi dell’Intesa Stato/Regioni sancita il 21.9.2017 e in attuazione dell’articolo 43 (Residenze) del D.M. 27.7.2017)
Il video-documento dell’annata 2020 è disponibile al link:
https://www.tersicorea.it/video-docufilm-interconnessioni-202
Febbraio-giugno 2020 Percorso (in remoto) di ricerca drammaturgica e produzione video
Luglio-agosto 2020 Sardegna Settimo San Pietro Percorso in situ e circuitazione in Sardegna
con il sostegno di: Regione Sardegna, MIBAC – Ministero per i beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Archeologica, belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna, Comune di Settimo S. Pietro; Fondazione Di Sardegna
In collaborazione con: Comune Settimo San Pietro: Arca del Tempo/Associazione Turistica Pro Loco;Comune di Quartucciu Quartucciu: Assessorato alla cultura e spettacolo; Ce.D.A.C/Circuito multidisciplinare dello spettacolo in Sardegna “Elegia delle cose perdute” Regia Coreografia, drammaturgia Stefano Mazzotta Creato con e interpretato da: Amina Amici, Lucrezia Maimone, Simone Zambelli, Damien Camunez, Manuel Martin, Miriam Cinieri, Gabriel Beddoes, Alessio Rundeddu con la partecipazione speciale di Antonio Piovanelli, Mauro Palmas, Elena Ledda collaborazione drammaturgica Fabio Chiriatti, produzione “Elegìa_ISOLE” riprese video: Massimo Gasole/Illador Film con la collaborazione: Damiano Picciau, Alberto Masala, Emanuele Pusceddu luci: Tommaso Contu suono: Enrico Sau produzione: Zerogrammi La meme balle – Avignon (Fr), La Nave del Duende – Cacderes (Sp), Festival Danza Estate – Bergamo (It)
Spazi di residenza Settimo San Pietro: Settimo San Pietro: Cucuru Nuraxi e il complesso archeologico (Soprintendenza belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna); Casa Comunale Dessy; Casa Baldussi; Casa privata Dessy; Casa Campidanese Zuddas di Angelo e Sara Fadelli (fine sec. XVII)
Interconnessione tra luoghi identitari: Tomba dei Giganti di is Concias nota anche come “Sa Domu e S’Orcu“, Quartucciu SPAZIO ILISSO ex Casa Papandrea, Nuoro
“Interconnessioni”, il progetto di residenza curato da Simonetta Pusceddu (Tersicorea) in tandem con il Comune di Settimo San Pietro. Giunto al suo terzo anno di attività il programma ritorna ad animare la cittadina di “Septimo ab urbe lapide” con un calendario fitto di residenze artistiche, laboratori e spettacoli dal vivo.
L’articolato processo creativo che conduce alla realizzazione di Elegìa delle cose perdute è un viaggio nei territori sardi abitati da INTERCONNESSIONI, residenza artistica a cura di Tersicorea/Simonetta Pusceddu. La creazione è un progetto di performance dal vivo, film e libro fotografico ispirati al romanzo I poveri dello scrittore portoghese Raul Brandao. Le geografie della Sardegna diventano la scenografia naturale dove trovano dimora i poetici personaggi di questo racconto. Vi si tessono le storie solitarie di 8 figure derelitte e però goffe al limite del clownesco, accomunate dal medesimo sentimento di malinconica nostalgia e desiderio di riscatto. Lo spazio che intercorre tra l’osservatore e queste storie (e tra queste storie e il sogno condiviso cui tendono) è una lontananza dal sapore leopardiano, la misura di un finibusterrae che è senso di precarietà, di sospensione nel vuoto. Come se ci si potesse aspettare a ogni istante lo sbriciolamento della terra sotto i piedi, lo sprofondare nell’abisso, il naufragare in un mare che corteggia la terra come un innamorato paziente. Questa misura che non sappiamo concepire, rende il lontano vivo, teso, vibrante. E’ l’elenco di ciò che i personaggi non possono più vedere o che vorrebbero poter toccare per la prima volta, è il lontano che si mostra in forma di confine, presenza dell’altrove, vertigine. Su questo orizzonte aperto, in questo racconto danzante di corpi in migrazione, sistagliano profili di creature e memorie di storie che ci raccontano il tempo e lo spazio degli addii, il paesaggio, la luce,l’esilio. Le loro storie ci invitano a spogliarci di ogni nome, fermarci al limitare, al punto in cui la terra si distende sopra il mare. Tra un bisogno bruciante di Itaca e l’ansia di un altro viaggio, tra un confine reale e uno sconfinamento immaginario, un rifugio e un miraggio, dentro una storia che per vizio o virtù gli uomini di finibusterrae trasformano sempre in leggenda da raccontare ai forestieri, ma soprattutto a sè stessi obiettivi.
RESTITUZIONI PUBBLICHE: mercoledì, 12 agosto 2020; Interconnessione tra luoghi identitari/Performance TOMBA DEI GIGANTI – QUARTUCCIU martedì, 25 agosto 2020 Interconnessione tra luoghi identitari/Performance SPAZIO ILISSO ex Casa Papandrea – NUORO
mercoledì, 26 agosto, 2020 CASA DESSY – SETTIMO SAN PIETRO
Settembre-ottobre-novembre 2020: Inizio POST PRODUZIONE film e produzione CATALOGO fotografico Casa editrice ILISSO (Nuoro)
15 novembre 2020: DEBUTTO PER UN TEATRO CONVENZIONALE
In Parternariato con Il Conservatorio di Musica P. L.La Palestrina di Cagliari
PROCESSI di INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL PROGETTO partner: nazionali e internazionali NAVE DUENDE Centro Permanente di Ricerca, Creazionee Cáceres, in Estremadura/Spagna LAVANDERIA A VAPORE Residenza trampolino in collaborazione con CERTAMEN COREOGRAFICO DI MADRID ((direzione artistica Laura Kumin), ZEROGRAMMI (direzione artistica Stefano Mazzotta) Un ringraziamento a: Alessandro Baldussi/Casa Baldussi, Famiglia Pilleri, Casa Campidanese Zuddas di Angelo e Sara Fadelli (fine sec. XVII)
INTERCONNESSIONI 2019 Progetti, Artisti e compagnie coinvolte:
1. Progetto Coma Compagnia Spagnola di e con Diego Sinniger e il suo collettivo di danzatori: Kiko Lopez, Shaquille George, Helena Canas, Fanny Laї, Marc Sans Coëffard (drammaturgo);
2. Progetto “Elegia delle cose perdute” | Compagnia Zerogrammi (Torino) con la regia e la coreografia di Stefano Mazzotta, drammaturgia Anthony Mathieu. Interpreti Lucrezia Maimone, Amina Amici, Miriam Cinieri, Damien Camunez, Manuel Martin, Gabriel Beddoes, Simone Zambelli, Alessio Rundeddu con la partecipazione di Loredana Parrella, Sara Angius e Elena Ledda.
3. Residenza creazione sulle figure femminili dal testo “I poveri” dello scrittore portoghese Raul Brandao con Loredana Parrella | Cie Twain, condotto da Simonetta Pusceddu
Artisti ospitati per attività connesse con il progetto di residenza:
• Compagnia Is Mascareddas, con “Storie da Vinci” Spettacolo di animazione con musiche dal vivoLettura teatrale delle Favole di Leonardo da Vinci di Donatella Pau, Musiche dal vivo Silvia Corda, Oggetti e animali Donatella Pau, Tonino Murru, Mimmo Ferrari;
• “Funtaneris/ Sulle strade dell’acqua”, un viaggio tra architetture e paesaggi. Regia di Massimo Gasole. Film-documentario prodotto dalla «Associazione Storia della Città» Produttore esecutivo Illador Films da una ricerca di Marco Cadinu (Università di Cagliari);
• Concerto di musica popolare, Canti di tradizione orale della Sardegna | Quartetto Andhira, con Luca Nulchis (pianoforte, armonium, voce), Elena Nulchis (voce e armonium), Egidiana Carta (voce e flauto), Elisa Zedda (voce) e il coro di Sinnai.
Artisti ospitati per attività connesse con il progetto di residenza:
• gli “Erranti” e gli Artisti dei Cantieri Itineranti: Alessio Rundeddu, Gorgia Damasco, Ivonne Bello, Roberto Manca, Sara Vasarri, Silvia Bandini, Valentino Bistrussu
• La centenaria panificatrice Bonaria Ghironi
altre iniziative del progetto
• Laboratorio ricerca e formazione artistica Connessione con la drammaturgia dell’opera, le peculiarità estetiche e storiche degli spazi e le tradizioni che vi risiedono condotto da Stefano Mazzotta;
• Borsa di studio per un giovane danzatore selezionato tra gli artisti del territorio;
• Musica a bordo dell’autobus: Elisa Zedda, Francesco Cocco, Gloria Bellu;
• Banda G. Verdi Comune di Sinnai
• Produzione video art a cura della Video Maker: Federica Liseni,
• Produzione DocuFilm a cura di Massimo Gasole Alberto Masala, Damiano Picciau
• Reportage fotografico: Federica Zedda
+INFO
https://www.tersicorea.org/interconnessioni-art-43-2019
Docu/film Residenza artistica INTERCONNESSIONI 2019
https://www.tersicorea.org/interconnessioni-art-43-2019
INTERCONNESSIONI 2018 Progetti, Artisti e compagnie coinvolte:
1. Progetto WallPaper di e con Sara Angius con la partecipazione di Loretta D’Antuono, dei tutor Anthony Mathieu e Simonetta Pusceddu, e le donne panificatrici del Borgo del Pane di Settimo San Pietro; 2. Progetto Simposio del Silenzio, di e con Lucrezia Maimone con il tutoraggio del coreografo e danzatore | Compagnia Zerogrammi (Torino), Stefano Mazzotta; 3. Progetto “ICI, là-bas (Qui e là) e “A solo con Gramsci”, di e con Clotilde Tiradritti, con Marianne Rachmul e le musicherai vivo di Patrick Motoian | Cie Héliotropion (Parigi) Artisti ospitati per attività connesse con il progetto di residenza: • gli “Erranti” e gli Artisti dei Cantieri Itineranti: Alessio Rundeddu, Gorgia Damasco, Ivonne Bello, Roberto Manca, Sara Vasarri, Silvia Bandini, Valentino Bistrussu
altre iniziative del progetto: • il laboratorio di disegno/scrittura creativa (sempre sulla tematica dell’identità), condotto dall’artista venezuelano Gerardo Jonas Gouveia Villarroell (artista visivo di pittura, grafica e disegno); • il laboratorio/incontro con le donne panificatrici tra cui la Le donne panificatrici condotte la centenaria Bonaria Ghironi, condotto da Simonetta Pusceddu; • il laboratorio di arte circense condotto dall’artista Lorenzo Crivellari; • Musica a bordo dell’autobus: Elsa Paglietti; • Banda G. Verdi Comune di Sinnai • Produzione video art a cura della Video Maker: Federica Liseni, • Produzione DocuFilm a cura di Massimo Gasole Alberto Masala, Damiano Picciau • Reportage fotografico: Federica Zedda
+ INFO https://www.tersicorea.org/interconnessioni-art-43-2018
Docu/film Residenza artistica INTERCONNESSIONI 2018 https://vimeo.com/305150049
Simposio del silenzio residenza per la produzione video art presso La Villa Reale Dorri https://vimeo.com/308213367
Residenza come promozione del territorio, come scambio, sperimentazione, ricerca, di formazione artistica e umana. “Il corpo umano diventa “navigatore” nel complesso sistema delle geografie comunicative della città in cui i linguaggi dell’arte interagiscono in un continuo territorio di scambio dove la tecnologia e la poesia dettano le coordinate dei percorsi delle nuove erranze urbane”. Partendo da questa definizione del concetto di residenza, il focus si sposta su una ridefinizione del rapporto tra il CORPO E LO SPAZIO e sul concetto di DECENTRAMENTO DELL’’ARTE dal punto di vista spaziale e conseguentemente sociale ed economico.
Gli SPAZI E I LUOGHI: Se Lo spazio urbano diventa teatro della vita quotidiana, la città diventa, in questo senso, uno spazio “trovato”, nel quale agli attori, o performers, devono interpretare lo spazio con i suoi vincoli fisici e sociali. “L’uso dello spazio non è neutrale, e l’organizzazione funzionale ed estetica dei teatri e delle città lo dimostra. Nei luoghi teatrali “alternativi”, le pareti spoglie, o l’esibizione della struttura della scena che evidenzia la “finzione teatrale” (Schechner, 1968, 45), e per di più la loro ubicazione inusuale che fa dimenticare il teatro-simbolo, contrasta quella sorta di “feticismo” della messa in scena che ad esempio nasconde le mura del fondale del palco con sontuose scenografie, in modo simile a quel “feticismo della merce” attraverso il quale, secondo Marx, “il denaro e il mercato calano un velo, ‘mascherano’ le relazioni sociali tra le cose” (Harvey, 1990, trad. it. 2002, p. 129). Del resto, nei teatri tradizionali vi è una rigida separazione degli accessi per il pubblico e per gli artisti, così, ancora secondo Schechner (1984, 122), “un espediente per separare la produzione delle merci dal loro commercio, è di nascondere tutti i preparativi agli acquirenti”. Molto spesso, invece, non è dato ritrovare questa separazione negli spazi teatrali alternativi, nei quali le relazioni sociali e di consumo che si instaurano sia tra gli artisti che tra il pubblico, possono essere molto differenti, più orizzontali e meno codificate, rispetto a quanto accade per la fruizione degli spettacoli in un teatro convenzionale. Quanto detto finora impone anche delle riflessioni rispetto ai fenomeni di mobilità del pubblico, e dunque ai modi di appropriazione di determinate risorse culturali distribuite in modo non uniforme sul territorio.
RAPPORTO CON I FRUITORI: Decentrare l’arte – anche dal punto di vista economico, oltre che sociale e spaziale – significa agire sulle pratiche e sulle esperienze culturali delle persone, in modo da rendere vivibile (in tutti i sensi) non solo la città ma anche quella parte culturale – sempre più significativa – della sua offerta di servizi. Il decentramento dell’arte propone dunque un modello di sviluppo virtuoso, basato sulla capacità di investire nella relazione con il proprio pubblico, al fine di valorizzare i vantaggi e le opportunità dello scambio e del confronto. Un modello di sviluppo che punta sulla responsabilità delle organizzazioni nei confronti del conseguimento degli obiettivi di coinvolgimento e sinergia con il territorio, e, soprattutto, sulla capacità di generare reti di reciprocità nel territorio e di veicolare quei valori capaci di apportare un sostanziale miglioramento della qualità della vita nella comunità. Un comportamento strategico che pone al centro il valore del capitale relazionale e quindi l’attenzione alla costruzione, alla qualità e alla cura nel tempo di ogni relazione, basato sulla profonda convinzione che la produzione culturale debba necessariamente misurarsi con la costruzione paziente di un impatto sulla comunità ponendo maggiore attenzione sulle necessità dei suoi residenti e imparando nel medesimo tempo a rilevare i cambiamenti e a reagire in funzione di essi.
SPAZIO TEATRALE ALTERNATIVO NEI TERMINI DI UN DIALOGO CON L’AMBIENTE URBANO CIRCOSTANTE L’architettura degli spazi teatrali cosiddetti “alternativi” si connette alla loro collocazione nello spazio urbano come elemento qualificante dal punto di vista simbolico e sociale, ma in modo assai differente dai teatri storici o comunque dall’idea più o meno generale e condivisa di cosa sia un teatro. Questi spazi nascono con uno scopo utilitaristico (ad esempio una ex officina), e sorgono spesso in aree decentrate, normalmente deputate ad altre attività, quasi sempre non culturali, legate ai meccanismi di mobilità, residenza o servizio della collettività urbana. L’ambiente urbano contemporaneo è stato fortemente segnato prima dall’egemonia dei teatri all’italiana – il tipo di edificio per spettacoli predominante nella cultura europea dal XVI al XIX secolo – e poi dalla perdita di significato dell’edificio-istituzione in quanto norma. Il regista e antropologo statunitense Richard Schechner parla di teatri “col proscenio” riferendosi all’assetto spaziale derivato dal teatro all’italiana, strutturato internamente dagli elementi che definiscono e separano sala e scena (Schechner, 1984, pp. 121-123). Per quanto riguarda l’interno, infatti, una prima differenza tra gli spazi tradizionali e quelli alternativi risiede proprio in questa separazione architettonica, rigida e culturalmente codificata, resa possibile dall’arco di proscenio. Del resto, nel Novecento gli spazi alternativi sono divenuti un punto di riferimento per quegli uomini di teatro i quali, in virtù di un rifiuto dell’ordinario assetto spaziale ed organizzativo canonico del teatro all’italiana, “frontale, distanziante, immodificabile”, sono stati indotti “ad abbandonare i vecchi edifici teatrali ma non tanto per entrare in edifici teatrali nuovi” – è questo il dato significativo – “quanto per dedicarsi all’uso o al riuso di spazi non teatrali: capannoni, magazzini, garage, cantine, chiese sconsacrate; e poi luoghi aperti: piazze, strade, cortili, etc. Piuttosto, trovarsi ai margini vuol dire essere decentrati rispetto ad un sistema teatrale convenzionale. Talora ci si potrebbe anche riferire al fatto che si rivolgono a segmenti di pubblico meno estesi, cioè, come suole dirsi, di nicchia. Nei teatri, dunque, vigono particolari convenzioni artistico-estetiche e “istituzionali” determinate dai codici impiegati nella comunicazione teatrale e da particolari condizioni prossemiche, le quali suggeriscono il modo in cui comportarsi nello spazio in cui ci si trova, e soprattutto comunicano – o, più precisamente, meta-comunicano – una particolare “definizione della situazione”
NECESSARIA INDAGINE SUL TERRITORIO Un esame del territorio rispetto alla distribuzione delle sale teatrali permetterebbe di cogliere sia gli aspetti legati all’organizzazione di questa attività, sia la dimensione artistica ed estetica che la caratterizza, nonché gli usi sociali e culturali che il suo inserimento nella struttura urbana comporta. La posizione nella città è elemento costitutivo dell’identità di un teatro ed è di fatto “determinante nell’atteggiamento del pubblico” rispetto ad esso e alla relativa programmazione, insieme alle caratteristiche dell’edificio, alla capienza e infine alla storia e alla tradizione della sala. Di fatto nell’estensione cronologica e geografica degli eventi che sono stati assunti come teatro, si deve prendere atto che sono in numero molto limitato quelli pertinenti all’edificio teatrale come luogo attrezzato e progettato in modo specifico per gli spettacoli. Troviamo invece teatro nelle fiere, nei mercati, negli spazi di raduno di una comunità; nei luoghi di culto, nelle chiese e sui sagrati; nelle piazze, nelle strade, nei cortili. Dunque, insieme ai teatri come luoghi fisici ben identificabili, è la stessa organizzazione dello spazio urbano, ieri come oggi, a fungere molto spesso da territorio delle rappresentazioni teatrali. In altri termini, il rapporto tra lo spazio del teatro come luogo della messa in scena e l’ambiente che lo ingloba è sempre dialettico e multiforme, e soprattutto non è mai un rapporto neutrale.
GLI “SPAZI TRASFORMATI” Gli “spazi trovati” saranno in genere ambienti e luoghi (al chiuso e all’aperto) più o meno fortemente marcati e strutturati dal punto di vista architettonico e/o urbanistico: l’interno di una chiesa, la sala o il cortile di un palazzo antico, un chiostro, una piazza, una strada” . Tra questi luoghi, però, vi sono oggi anche gli spazi industriali periferici in disuso, “luoghi dell’archeologia industriale, come le vecchie fabbriche”, cioè spazi fortemente connotati simbolicamente, frutto di ripensamenti culturali e urbanistici, con finalità di riqualificazione sociale e funzionale di aree periferiche delle città.
ESPERIENZA PERSONALE PROGETTO PLURIENNALE DI DANZA CONTEMPORANEA “ARCHEODANZA”. (che nasce con la produzione Il Secchio d’Abete da La signora delle vigne di Ghiannis Ritzos , rappresentata nella sua prima versione all’interno del complesso nuragico di Barumini Su Nuraxi, _ iscritto dal 1997 nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco). I luoghi che ospitano la danza contemporanea si identificano come logos, ovvero identità culturali con il duplice scopo di raccontare e accogliere il progetto/residenza. Si tratta di progetto artistico basato sulla contaminazione tra arte visiva, patrimonio storico-culturale e spettacolo dal vivo. L’itinerario delle residenze e degli spettacoli si svolge fra antiche archeologie in un progetto di promozione e valorizzazione del patrimonio storico. ARCHEODANZA nasce nel 2006 come estensione del Progetto URBANO decennale “DANZARCHITETTURE” e ambedue i progetti battezzati “CANTIERI ARTISTICI”, pongono l’accento sul valore contemporaneo delle “mura”, intese come “ex luogo” di difesa territoriale e oggi, invece, luogo di difesa della cultura e storia della città, più esattamente di conservazione della nostra cultura e memoria, e ancora, ambedue i progetti sottolineano l’obiettivo della formazione e sensibilizzazione del giovane pubblico e degli adulti, attraverso la partecipazione attiva all’interno di luoghi particolari per la loro preziosità e l’attivazione di diverse forme di progettazione e intervento, che sollecitano la partecipazione attiva di artisti di diversa provenienza. I partecipanti autori e spettatori, attraverso propositi, relazioni e sinergie hanno contribuito alla ricerca. La Diffusione nazionale – transnazionale dell’esperienza del processo creativo pone l’accento sulle differenti metodologie culturali. La Circolazione delle opere prodotte all’interno del cantiere madre Spazio T.off – contenitore dell’attività di residenza – avviene attraverso canali comunicativi di grande diffusione quali: – seminari, convegni, rassegne, festivals, sito internet e utilizzando il linguaggio del video docu//film come strumento di comunicazione. Ciò consente di estendere la ricerca e il prodotto culturale che non si concluderà nello spazio e nel tempo relativo alla durata del progetto, ma si aprirà alla continua generazione della dimensione multiculturale, anche oltre i confini del territorio della Sardegna.