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“Meccanismi”, con Giovanna Giardina e Nicolò Barba
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TerramMare avvia un nuovo cammino di residenza artistica, il primo del triennio “Corpi di luce su pianeti invisibili”, un percorso pluriennale che mette al centro la cura dei processi creativi, il tempo della ricerca e la relazione viva con il territorio. Non si tratta semplicemente di ospitare produzioni, ma di generare spazi di ascolto, collaborazione e crescita condivisa.

Il primo processo che prende forma è quello di Meccanismi, con Giovanna Giardina e Nicolò Barba, impegnati in una ricerca che indaga il confine tra umano e artificiale. L’intelligenza artificiale non viene affrontata come un tema teorico, ma come qualcosa che oggi attraversa concretamente il modo in cui ci relazioniamo, ricordiamo e attribuiamo valore ai legami. La domanda che orienta il lavoro è semplice e profonda: come riconosciamo ciò che è autenticamente vivo, quando ciò che ci abita può essere imitato o riprodotto?

La ricerca in sala parte dal corpo. Si osservano gli sguardi, la distanza, il peso dei gesti. I due interpreti lavorano sulle piccole differenze: un movimento che appare corretto ma non vibra, un contatto che sembra affetto ma non genera relazione, un tono che comunica senza toccare. Sono dettagli minimi, ma fondamentali per distinguere la presenza reale dalla sua copia.

In questa fase il lavoro non mira subito alla costruzione di una scena compiuta. La priorità è creare un tempo e uno spazio in cui il materiale possa emergere senza fretta, permettendo ai tentativi, alle domande e alle incertezze di diventare parte della ricerca. La fragilità non viene nascosta: è una chiave per riconoscere ciò che è vivo.

Il processo avanza per stratificazione. Ogni sessione di prova diventa un momento di verifica: cosa si è mosso? Cosa ha resistito? Cosa ha bisogno di essere lasciato sedimentare? Non si rincorre una forma definitiva: si osserva come le parole e i gesti si trasformano nel tempo, come cambiano la qualità della presenza e la relazione tra i corpi. È un metodo che richiede cura, continuità e attenzione, e che permette al lavoro di maturare in modo organico.

Come è consuetudine per TerramMare, il processo non rimarrà chiuso. Sono previsti momenti di apertura alla comunità, attraverso laboratori e incontri rivolti a studenti, insegnanti e cittadini. L’invito non è ad assistere, ma a partecipare: a stare dentro un percorso di scoperta collettiva, dove il teatro torna ad essere spazio di relazione e non solo di visione.

Questo primo passo di Corpi di luce su pianeti invisibili segna una direzione chiara: scegliere la profondità invece della velocità, la ricerca invece della performance immediata, il tempo dell’ascolto invece della produzione fine a se stessa.

 L’intelligenza artificiale non viene affrontata come un tema teorico, ma come qualcosa che oggi attraversa concretamente il modo in cui ci relazioniamo, ricordiamo e attribuiamo valore ai legami. La domanda che orienta il lavoro è semplice e profonda: come riconosciamo ciò che è autenticamente vivo, quando ciò che ci abita può essere imitato o riprodotto?

La ricerca in sala parte dal corpo. Si osservano gli sguardi, la distanza, il peso dei gesti. I due interpreti lavorano sulle piccole differenze: un movimento che appare corretto ma non vibra, un contatto che sembra affetto ma non genera relazione, un tono che comunica senza toccare. Sono dettagli minimi, ma fondamentali per distinguere la presenza reale dalla sua copia.

In questa fase il lavoro non mira subito alla costruzione di una scena compiuta. La priorità è creare un tempo e uno spazio in cui il materiale possa emergere senza fretta, permettendo ai tentativi, alle domande e alle incertezze di diventare parte della ricerca. La fragilità non viene nascosta: è una chiave per riconoscere ciò che è vivo.

Il processo avanza per stratificazione. Ogni sessione di prova diventa un momento di verifica: cosa si è mosso? Cosa ha resistito? Cosa ha bisogno di essere lasciato sedimentare? Non si rincorre una forma definitiva: si osserva come le parole e i gesti si trasformano nel tempo, come cambiano la qualità della presenza e la relazione tra i corpi. È un metodo che richiede cura, continuità e attenzione, e che permette al lavoro di maturare in modo organico.

Come è consuetudine per TerramMare, il processo non rimarrà chiuso. Sono previsti momenti di apertura alla comunità, attraverso laboratori e incontri rivolti a studenti, insegnanti e cittadini. L’invito non è ad assistere, ma a partecipare: a stare dentro un percorso di scoperta collettiva, dove il teatro torna ad essere spazio di relazione e non solo di visione.

Questo primo passo di Corpi di luce su pianeti invisibili segna una direzione chiara: scegliere la profondità invece della velocità, la ricerca invece della performance immediata, il tempo dell’ascolto invece della produzione fine a se stessa.

Pubblicato il 27 Ottobre 2025, da Terrammare